Gualberto Martini La ragazza delle capre
“L’aria e le emozioni che si respiravano in quel piccolo mondo antico, che era Branzi nella prima metà del Novecento…” Ma è davvero tutto come appare? Un luogo quasi fuori dal mondo, appartenente a un passato che sempre meno persone ricordano, può restare immutato in eterno? E le tradizioni, così importanti in quegli anni, possono essere oggi dimenticate? Un racconto in cui si intrecciano realtà e invenzione; dove il filo conduttore è l’amore, in ogni sua forma: dalla famiglia, al lavoro, alla montagna coi suoi pericoli e i suoi tesori, alle tradizioni e alla comunità. Una storia fatta di persone, ricche di quella umanità che sa sopravvivere e gioire anche con poco. Da un autore sapiente conoscitore delle montagne, delle attività e delle tradizioni di Branzi, un inno alla vita che non c’è più ma che ha ancora molto da insegnare. Ad accompagnare il lettore in questo viaggio di amore e tradizioni c’è lei: la ragazza delle capre. Gualberto Martini nasce e cresce in Valle Camonica, realtà contadina e montanara. Come in tutte le valli dell’arco alpino, nell’economia di sussistenza la vita era strettamente legata alla natura e il saper fare e conservare cibo garantiva la sopravvivenza. Oggi viviamo in una economia di profitto in cui non si dipende più esclusivamente dalla natura e dalla solidarietà degli uomini, ma dal denaro. Una volta il tempo segnava l’alternarsi dei frutti e delle stagioni; oggi possiamo mangiare qualsiasi frutto in ogni stagione e possiamo vivere le diverse stagioni spostandoci in vari luoghi del mondo. Gualberto vive parte della sua infanzia a Branzi, paese di origine di sua madre, collocato in alta Valle Brembana. Qui assimila i primi aspetti della cultura contadina ricca di preziosi saperi che nulla lasciavano al caso. Ogni cosa, ogni piccolo gesto aveva un senso, soprattutto i valori umani legati alla socialità e alla solidarietà. Attraverso una storia fantasiosa, egli cerca di ricostruire verosimilmente il contesto e soprattutto l’aria e la tonalità emotiva che si respiravano in quel “piccolo mondo antico” nella prima metà del Novecento, ispirandosi liberamente ai racconti di sua madre. |